Indice
Premessa
I. L'identità del Sacerdote
II. Le peculiarità della Diocesi dell'Ordinariato Militare
III. La Pastorale della "presenza"
IV. Una presenza "visibile"
V. Una presenza "Propositiva"
VI. Una pastorale "variegata e univoca"
VII. Il "sensus Ecclesiae"
VIII. La cura dei "rapporti" e delle "piccole cose"
IX. La comunione con il Vescovo e con i Confratelli del Presbiterio
X. Affidamento
Bagnasco
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PECULIARITÀ DELLA DIOCESI
DELL’ORDINARIATO MILITARE

 

5. Il Presbitero di una Diocesi territoriale ha
il compito di essere il segno sacramentale del
Buon Pastore con speciale riferimento ad un particolare
territorio, quello della Diocesi. Questa
missione gli viene localizzata dal Vescovo attraverso
una delimitazione più o meno vasta - là
dove risiede una porzione del Popolo di Dio (la
Parrocchia) - oppure attraverso un altro compito,
ma sempre a servizio di una Comunità Diocesana
particolare per storia, tradizioni, cultura, problematiche,
luogo.
Anche il Cappellano Militare è chiamato,
come tutti, a vivere la grazia sacerdotale a servizio
di una parte del Popolo che costituisce la
Diocesi dell’Ordinariato Militare, la quale però si
caratterizza per alcune peculiarità.
Una Diocesi “non territoriale” e “complementare”
6. La Diocesi dell’Ordinariato Militare non
è legata a un territorio, ma alle persone: dove ci
sono i Militari, lì c’è la Diocesi. Sia in Italia che
all’estero.
Come è noto, il Nuovo Accordo tra la
Santa Sede e la Repubblica Italiana (1984) con-
ferma l’impegno per assicurare “l’assistenza spirituale”
agli appartenenti alle Forze Armate, e il
Codice di Diritto Canonico, già dal 1983, afferma
che “i Cappellani Militari sono retti da leggi speciali”
data la loro particolare missione (can. 569).
Le Normative “speciali” di riferimento, in
ambito ecclesiale, sono fino ad oggi tre: la Costituzione
Apostolica di Giovanni Paolo II, “Spirituali
militum curae” (1986), gli “Statuti dell’Ordinariato
Militare in Italia” approvati dalla Santa
Sede (1987), e i Documenti del “Primo Sinodo
Diocesano” (1999).
La Costituzione Apostolica segna un crinale
nella storia degli Ordinariati nel mondo:
“Gli Ordinariati Militari, che si possono chiamare
anche castrensi e che vengono giuridicamente assimilati
alle Diocesi, sono peculiari circoscrizioni
ecclesiastiche, rette da propri Statuti emanati
dalla Sede Apostolica”.
7. Alla luce di questo principio fondativo,
gli Statuti precisano: “L’Ordinariato Militare in
Italia è una circoscrizione ecclesiastica assimilata
giuridicamente alle Diocesi, con finalità di provvedere
all’assistenza spirituale e alla cura pastorale
degli appartenenti a vario titolo alle Forze
Armate Italiane, di religione cattolica” (art. 4). E
ancora: “I fedeli dell’Ordinariato Militare, che
appartengono in modo continuativo o tempo-
raneo alla struttura militare, sono una porzione
del Popolo di Dio. In forza della comunione con
il loro Pastore, con la cooperazione del suo Presbiterio,
sono riuniti nello Spirito Santo mediante
il Vangelo e l’Eucaristia. Essi costituiscono così
una Chiesa Particolare nella quale è realmente
presente e operante la Chiesa di Cristo, una,
santa, cattolica e apostolica” (art. 5).
Inoltre, “l’Ordinario Militare, insignito
del titolo di Arcivescovo, gode dei diritti ed è tenuto
agli obblighi propri dei Vescovi diocesani”
(art. 10). Sempre gli Statuti precisano che per
quanto riguarda la giurisdizione dell’Ordinario,
essa “è personale, ordinaria, propria e nello
stesso tempo cumulativa” con l’Ordinario del
luogo (art. 6). Ciò significa in concreto che “gli
ambienti e i luoghi riservati ai Militari in primo e
principale modo sottostanno alla giurisdizione
dell’Ordinariato Militare; in via secondaria, però,
anche alla giurisdizione del Vescovo diocesano
ogni qualvolta, cioè, manchino l’Ordinario Militare
e i suoi Cappellani”. Analoga configurazione
giurisdizionale è propria dei Cappellani
rispetto ai Parroci territoriali.
Questa particolare fisionomia canonica
“esprime la rafforzata attenzione della Chiesa
verso questo gruppo sociale (le Forze Armate)
cui, per le obiettive difficoltà di vita, viene data
una più larga possibilità di sostegno e di scelte
pastorali”. In questa prospettiva, si parla anche
di una particolare “complementarietà” dell’Ordinariato
con le altre Diocesi: “Un contributo generale
e complementare a tali Chiese deriva dall’impegno
caratteristico nell’Ordinariato Militare:
la preparazione e l’educazione cristiana dei
giovani (…), l’apporto di idee e di esperienze
maturate nella difficile ricerca e tutela della
pace”.
8. Il Sinodo Diocesano (1996-1999), infine,
ha riflettuto sul cambiamento decisivo che la Costituzione
Apostolica ha segnato circa la natura
degli Ordinariati Militari. Tale radicale innovazione
è stata autorevolmente espressa dal Santo
Padre a conclusione del Sinodo: “Si è passati da
un ‘servizio di Chiesa’ offerto ai Militari, a una
‘Chiesa di servizio’, radunata tra quanti nel
mondo militare sono chiamati ad esercitare il loro
sacerdozio battesimale, operando per la convivenza
pacifica tra gli uomini, in unione a coloro
che col sacrificio della vita hanno reso la suprema
testimonianza di amore”.
In questo orizzonte, il Cappellano non è
solo colui che offre dei servizi religiosi, ma è
vero Pastore della comunità cristiana che si
forma nelle diverse realtà militari: “Il Cappellano
Militare è un Sacerdote cattolico che, fornito
delle necessarie qualità per svolgere proficuamente
questa speciale missione pastorale, esercita
il suo ministero in forma stabile sotto la giurisdizione
dell’Ordinario Militare”.
L’assistenza spirituale, garantita dagli Accordi,
non si limita quindi al culto, ma richiede
una pastorale completa, in grado di accompagnare
l’intera vita delle persone e della comunità.
In questa prospettiva di pastorale a tutto campo,
“il Cappellano Militare gode dei diritti dei Parroci
e ne osserva anche i doveri”. Per questo è
richiesta la sua presenza costante nonché delle
strutture adeguate alle iniziative pastorali e alla
tipologia delle realtà militari.
9. Si comprende così che il Cappellano è a
servizio di ogni credente cattolico, come di ogni
persona che a lui si rivolge liberamente per avere
confronto, consiglio e aiuto umano e cristiano.
Chi vuole, anche il pane del Vangelo e dei Sacra-
menti. Lo scopo, infatti, del suo ministero come
della Chiesa intera, è servire alla formazione integrale
della persona secondo “quell’umanesimo
plenario” che in Gesù Cristo, unico Salvatore,
trova la sua manifestazione compiuta e la sua
realizzazione piena: “Chiunque segue Cristo,
uomo perfetto, si fa lui pure più uomo”.
In questo senso il Concilio Vaticano II si
è espresso in modo chiaro e incisivo: “Poiché la
Chiesa ha ricevuto l’incarico di manifestare il mistero
di Dio, il quale è il fine ultimo personale
dell’uomo, essa al tempo stesso svela all’uomo il
senso della sua propria esistenza, vale a dire la
verità profonda sull’uomo (…) L’uomo, infatti,
avrà sempre il desiderio di sapere, almeno confusamente,
quale sia il significato della sua vita, del
suo lavoro e della sua morte”. E ancora: “La
Chiesa (…) contribuisce ad estendere il raggio di
azione della giustizia e dell’amore all’interno di
ciascuna nazione e tra tutte le nazioni (…) Nella
fedeltà al Vangelo e nello svolgimento della sua
missione nel mondo, la Chiesa, che ha come
compito di promuovere ed elevare tutto quello
che di vero, buono e bello si trova nella comunità
umana, rafforza la pace tra gli uomini a gloria di
Dio”.
È in questa prospettiva, ampia e profonda
insieme, che la figura del Cappellano Militare e il
suo operato devono essere visti. Egli non ha altro
scopo che questo: il bene integrale di ognuno,
anima e corpo, mente e cuore. E quindi il bene
della comunità. Alla formazione plenaria della
persona egli ha un contributo essenziale da offrire:
l’apertura alla trascendenza, alla dimensione
spirituale ed etica, ai valori universali che
richiedono un fondamento stabile e certo, capace
di resistere all’urto inevitabile della vita personale
e della storia. Ma anche l’aiuto alla serena
conoscenza di se stesso, al superamento dei conflitti
interiori, all’affronto positivo della realtà nel
suo complesso. A tutti i Sacerdoti ben si possono
applicare le parole di Paolo VI che commossero
l’Assemblea dell’ONU: “Noi esperti in umanità” .
10. Inoltre, il Sinodo ha confermato una articolazione
meglio rispondente alla natura comunionale
della Chiesa, distinguendo sul territorio
nazionale sedici Zone Pastorali con un Cappellano
“Capo Servizio Interforze”, che ha il compito
analogo a quello dei Vicari Foranei o Decanali
delle Diocesi territoriali.
È necessario ricordare altresì le Leggi ci-
vili specifiche a cui l’Ordinariato fa necessario
riferimento: la Legge dell’1.6.1961, n. 512, e le
successive Modificazioni; i Decreti Legislativi
del 30.12.1997, n. 490 art. 69, e del 28.6.2000,
n. 216 art. 29.

La “giovane età”

11. La “giovinezza” della Diocesi dell’Ordinariato
è legata innanzitutto alla sua data di nascita,
come si è visto. Ma dipende anche dall’età
media dei suoi “figli”: basta ricordare che il militare
va in congedo in genere tra i 58 e i 65 anni.
Questo dato, che si riflette sui familiari - anch’essi
parte dell’Ordinariato -, rende evidente
che la popolazione diocesana, oltre ad essere
composta prevalentemente da uomini, è formata
mediamente da giovani. Tutte le fasi della vita
hanno una grazia particolare, una loro nobiltà e
bellezza, i loro problemi. Il Sacerdote non è mai
lo “specialista” di una sola fascia di età. Anche se
molto giovane negli anni, è investito di una paternità
dall’Alto che lo rende padre di tutti, in grado
di ascoltare con umiltà e di indirizzare con l’autorevolezza
di Cristo, di consolare e incoraggiare
chiunque con le parole del Vangelo. In lui, bambini
e giovani, adulti e anziani, avvertono il
segno della stessa paternità di Dio.
Per i motivi riportati, la nostra Diocesi è
caratterizzata da una prevalente presenza di giovani.
Il dato rappresenta una particolare grazia in
ordine alla “pastorale giovanile”, spesso allo
studio appassionato dei Vescovi in Italia.

La mobilità

12. La realtà militare ha, per sua intrinseca
natura e per finalità istituzionali, una notevole
mobilità. Ciò è chiaro per il personale, per evidenti
dinamiche di progressione e anche per ragioni
familiari. Ma riguarda altresì le strutture
stesse, in forza delle riorganizzazioni che si impongono
con il mutare delle situazioni nazionali
e internazionali: campi che si devono aprire, enti
che devono essere ridimensionati o trasferiti, altri
potenziati. La mobilità, poco o molto, caratterizza
anche la vita dei Cappellani che vivono “incarnati”
nelle loro comunità e, in qualche misura,
ne seguono le dinamiche. Ciò deve essere vissuto
come occasione di stimolo e di rinnovamento
nonostante le inevitabili difficoltà. La marcata
mobilità, però, non impedisce di stabilire rapporti
profondi e stabili. La positività e intensità suppliscono
la brevità del tempo.

La “militarità”

13. La Chiesa dell’Ordinariato, con i suoi
Cappellani-Parroci e le sue strutture (cappelle, alloggi,
uffici, oratori…), è dentro alle strutture militari
che hanno Disciplina e Regolamenti propri.
Lo stesso Cappellano è retribuito secondo i parametri
degli Ordinamenti Militari ed ha libertà di
movimento nelle Basi grazie alla sua configurazione
tipica. È tenuto, quindi, ad osservare la Disciplina
ecclesiastica con le norme che la esplicitano
(Codice di Diritto Canonico, Norme liturgiche,
Disposizioni del Vescovo…) e, a seconda
delle situazioni, la Disciplina militare. In questa
prospettiva, è opportuno ricordare il ruolo che ha
per Legge ogni Comandante nel proprio Ente.
Così come non bisogna dimenticare che
“l’assimilazione ai gradi militari”22 è chiaramente
solo in funzione dell’azione pastorale di ogni
Cappellano.
14. Sul piano educativo vi esorto, cari seminaristi,
a non distogliere mai il vostro sguardo di
fede e d’amore:
1) dal volto di Cristo. Dovete imparare a coltivare
verso di Lui quell’attenzione che avevano
i malati e i poveri verso Gesù sulle vie
della Palestina. Che hanno maturato gli Apostoli
vivendo con Lui e nutrendosi della sua
presenza, delle sue parole, dei suoi gesti.
Non trascorra giorno che non ricordiate
che Gesù “salì sul monte, chiamò a sé quelli
che egli volle ed essi andarono da lui” (Mc
3,13). Mistero di elezione! Perché loro?
Perché ciascuno di voi? Perché noi e non
altri migliori di noi? Il mistero della vocazione
si conferma e, in un certo senso, si infittisce
se pensiamo a Gesù che rifiuta la disponibilità
dell’indemoniato liberato: “Mentre
risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato
lo pregava di permettergli di stare
con lui. Non glielo permise, ma gli disse: Va
nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che
il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti
ha usato” (Mc 5,18-19).
Vi invito a curare l’intimità con il Maestro
e Signore. Egli, infatti, “ne costituì Dodici
che stessero con lui” (Mc 3,4). Sta qui il
primo e fondamentale scopo della vocazione
e l’anima di ogni futuro apostolato: la vita
spirituale è innanzitutto la relazione intima di
amicizia con Gesù. La vita di preghiera, prevista
in Seminario, è necessaria ma non sufficiente:
senza dei tempi prolungati e degli
spazi personali di solitudine e preghiera, l’intimità
con il Signore non si radica, non diventerà
“parte” di voi, palpito della vostra
anima: “il ricordo di Cristo aderisca al vostro
respiro” (san Giovanni Climaco).
Vi chiedo di fare vostra la domanda che i
Santi si ponevano frequentemente: “Che cosa
farebbe Gesù al mio posto?”;
2) dal volto della Chiesa. Esso si fa visibile innanzitutto
nel Santo Padre, nel Vescovo, nei
Sacerdoti Educatori che operano in comunione
con lui e nel suo nome. Nonostante la
nostra povertà. Verso di loro il seminarista
deve maturare una completa trasparenza e
consegnarsi con fiducia. Se non si fa conoscere
senza riserve e zone d’ombra, non sarà
mai possibile un itinerario educativo vero.
Sarà solo apparente. Le loro indicazioni, le
osservazioni e i suggerimenti, devono essere
accolti con docilità e gratitudine perché nascono
dall’affetto e dal desiderio del bene di
ognuno di voi. Accolti nell’anima per essere
tradotti con pazienza nella vita.
Ricordate anche che il Popolo di Dio ha il
“sensus fidei” che è - potremmo dire - “l’istinto”
della fede. Si tratta dell’intuito, semplice
e profondo, per cogliere il genuino mistero
di Dio, e per esprimerlo anche attraverso
quella capillare storia di devozione e di
“pietà popolare” che innerva il nostro Paese.
A questa provvidenziale ricchezza la vostra
attenzione deve guardare con sapienza e
amore;
3) dalla fisionomia particolare dell’Ordinariato
Militare dove vi preparate a spendere l’esistenza
per sempre. Le peculiarità di questa
Diocesi, chiaramente, indirizzano e segnano
in modo specifico la vostra formazione
umana, sacerdotale, pastorale.
Al riguardo, sono illuminanti le parole
del Santo Padre: “Voi, Cappellani Militari
cattolici, oltre allo svolgimento del vostro
specifico ministero religioso, non dovete trascurare
di offrire il vostro contributo per
un’appropriata educazione del personale mi-
litare ai valori che animano il diritto umanitario
e ne fanno non solo un codice giuridico,
ma anzitutto un codice etico (…) I Cappellani
Militari, mossi dall’amore di Cristo,
sono chiamati, per speciale vocazione, a testimoniare
che perfino in mezzo ai combattimenti
più aspri è sempre possibile, e quindi
doveroso, rispettare la dignità dell’avversario
militare, la dignità delle vittime civili, la dignità
indelebile di ogni essere umano coinvolto
negli scontri armati. In tal modo,
inoltre, si favorisce quella riconciliazione necessaria
al ripristino della pace dopo il conflitto”.