Indice
Premessa
I. L'identità del Sacerdote
II. Le peculiarità della Diocesi dell'Ordinariato Militare
III. La Pastorale della "presenza"
IV. Una presenza "visibile"
V. Una presenza "Propositiva"
VI. Una pastorale "variegata e univoca"
VII. Il "sensus Ecclesiae"
VIII. La cura dei "rapporti" e delle "piccole cose"
IX. La comunione con il Vescovo e con i Confratelli del Presbiterio
X. Affidamento

Bagnasco

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UNA PRESENZA PROPOSITIVA  

19. La pastorale della presenza non può
ridursi ad esserci fisicamente, ed essere visibili e
disponibili. È necessaria una presenza propositiva,
come osservo nella Lettera ai Cappellani:
“Penso (…) alla fatica di conquistare giorno dopo
giorno la fiducia di coloro che vi sono affidati;
(…) alla prontezza per non perdere nessuna occasione,
nessun piccolissimo appiglio per indicare
alle anime il volto di Cristo; alla continua fantasia
per inventare e tentare nuove vie e ini-
ziative d’incontro con le persone”. Nel
mondo militare ho scoperto una diffusa disponibilità
verso il Sacerdote: ma ciò non toglie
che la fiducia degli altri bisogna guadagnarsela
sul campo, giorno per giorno. Ci vuole tempo,
pazienza, fiducia di fronte ad eventuali rifiuti o
indifferenze, da qualunque parte provengano.
Non bisogna arrendersi alle immediate apparenze.
Come l’esperienza insegna, spesso il Cappellano
deve sostenere “l’esame”: meritare fiducia
da parte dei propri parrocchiani. È la vita!
20. Sul piano educativo, ne conseguono alcune
attenzioni:
1) innanzitutto è necessario che maturiate da subito
una grande “simpatia” per le persone
con cui condividete la vita quotidiana all’Università,
nelle Parrocchie dove svolgete
il servizio pastorale, ma soprattutto in Seminario,
che è la vostra casa e che spero sentiate
come la vostra “famiglia”. Imparate a
guardare gli altri nella luce di Cristo che ci
ha redenti con il suo Sangue. Fuori da questo
sguardo soprannaturale - a cui bisogna formarsi
- le anime saranno facilmente considerate
nella logica della simpatia, delle even-
tuali affinità elettive, della loro rispondenza
alle nostre proposte oppure del loro rifiuto,
del grado, del prestigio. Colui che dovrebbe
essere il Pastore di tutti si comporterebbe
in modo da selezionare e da dividere il
“gregge”;
2) l’abitudine a vedere le persone con gli
occhi di Cristo alimenterà in voi la “passione
apostolica” e vi farà superare la tentazione
ricorrente della pigrizia personale,
dell’assuefazione alla “routine” quotidiana.
Spesso questa viene giustificata con le difficoltà
che derivano dalla presenza degli
altri che sono “difettosi”, dalle strutture
carenti o dalle organizzazioni imperfette. In
tal modo le difficoltà, che dovrebbero essere
occasione di crescita e di conversione,
si trasformano in ostacoli insuperabili. È
quindi necessario lottare ogni giorno, attraverso
gesti concreti, contro le proprie
pigrizie e imparare ad accettare - anzi ad
amare - non certamente i difetti, ma le persone
“difettose”;
3) inoltre, è necessario che vi formiate alla
virtù teologale della speranza come ho ampiamente
scritto nella Lettera ai Cappellani
a cui rimando. Dalla virtù della speranza
nasce la fortezza dell’anima che non cede
alla sfiducia e allo scoraggiamento di fronte
a ostacoli e ostilità, ma persevera nel bene,
non demorde nel proporsi, sa annunciare il
Vangelo “opportune et importune”. Il seminarista
deve allenarsi alla corretta idea di
“rispetto”. Rispettare la libertà degli altri non
deve mai giustificare o coprire la propria
ignavia: non basta informare gli altri delle
iniziative pastorali e mettersi “la coscienza in
pace”. “Informare” non è “evangelizzare”.
Sono necessari intelligenza e cuore: passione!
Attenti a rinnovare sempre la motivazione
del vostro operare. Questo dipende
sempre dal vostro essere: “agere sequitur
esse”! Dal vostro “essere” interiore, cioè
dalla caratura della vostra vita spirituale, dipenderanno
la vostra fantasia e costanza apostoliche.
Chi ama il Signore vuole che tutti lo
incontrino per riconoscerlo, amarlo, servirlo,
e così essere felici. È dunque indispensabile
una paziente e perseverante opera di sensibilizzazione,
di richiamo, di dolce insistenza.
Viceversa, si applicherebbe un malinteso
senso di “rispetto” della libertà di ciascuno,
fino a svalutare di fatto e neutralizzare l’annuncio
cristiano. Un annuncio “tiepido” non
scuote e non contagia nessuno.